Le foto di gattini sono diventate uno dei più grandi luoghi comuni quando si parla di social, eppure non se ne vedono più così tante. Così come non si vedono più le foto imbarazzanti delle feste e delle vacanze, che si diceva mettessero nei guai chi cercava lavoro. Culturalmente, abbiamo in testa - i media per primi - un mondo che non esiste più, quello del primo Facebook, di quando i millennial erano ancora giovani per davvero. Nel frattempo, molto è cambiato, forse tutto. Facebook è diventato un social un po’ agé, e nel frattempo si è comprato tutto e tutti, regnando in modo cupo e incontestato sul mondo delle comunicazioni interpersonali online. Ma ogni regno arriva al tramonto, e anche nel mondo dei social si moltiplicano ormai gli avamposti ribelli. Se Facebook continua ad essere un titano, e lo sarà probabilmente ancora per molto, negli Stati Uniti calano gli utenti attivi. Nel frattempo proliferano nuovi social, studiati per imparare dagli errori dei predecessori e tarati in larga parte sulla sensibilità della Gen Z. TikTok, in primis, ma anche nomi per ora meno noti come Poparazzi, Honk o Yubo. Oppure Clubhouse, un fuoco di paglia che però ha ispirato molti a puntare sull’audio. Ma la cosa forse più interessante è che queste nuove piattaforme non pretendono - come faceva Facebook - di parlare a tutti e di aggregare tutti. Facebook era l’elenco del telefono, non a caso ci cercavamo gli amici delle elementari. I nuovi social sembrano essere più di nicchia, più differenziati e magari più qualitativi. Questo ci disorienta: siamo abituati a giudicare un nuovo social confrontandolo con Facebook, quindi in base alla sua capacità di scalare fino a dominare il mondo. E se invece il futuro fosse più frammentato? Forse non dobbiamo cercare il prossimo Facebook, ma i prossimi Facebook.
Il Bernoccolo #122 🎤 Il prossimo Facebook
Il Bernoccolo #122 🎤 Il prossimo Facebook
Il Bernoccolo #122 🎤 Il prossimo Facebook
Le foto di gattini sono diventate uno dei più grandi luoghi comuni quando si parla di social, eppure non se ne vedono più così tante. Così come non si vedono più le foto imbarazzanti delle feste e delle vacanze, che si diceva mettessero nei guai chi cercava lavoro. Culturalmente, abbiamo in testa - i media per primi - un mondo che non esiste più, quello del primo Facebook, di quando i millennial erano ancora giovani per davvero. Nel frattempo, molto è cambiato, forse tutto. Facebook è diventato un social un po’ agé, e nel frattempo si è comprato tutto e tutti, regnando in modo cupo e incontestato sul mondo delle comunicazioni interpersonali online. Ma ogni regno arriva al tramonto, e anche nel mondo dei social si moltiplicano ormai gli avamposti ribelli. Se Facebook continua ad essere un titano, e lo sarà probabilmente ancora per molto, negli Stati Uniti calano gli utenti attivi. Nel frattempo proliferano nuovi social, studiati per imparare dagli errori dei predecessori e tarati in larga parte sulla sensibilità della Gen Z. TikTok, in primis, ma anche nomi per ora meno noti come Poparazzi, Honk o Yubo. Oppure Clubhouse, un fuoco di paglia che però ha ispirato molti a puntare sull’audio. Ma la cosa forse più interessante è che queste nuove piattaforme non pretendono - come faceva Facebook - di parlare a tutti e di aggregare tutti. Facebook era l’elenco del telefono, non a caso ci cercavamo gli amici delle elementari. I nuovi social sembrano essere più di nicchia, più differenziati e magari più qualitativi. Questo ci disorienta: siamo abituati a giudicare un nuovo social confrontandolo con Facebook, quindi in base alla sua capacità di scalare fino a dominare il mondo. E se invece il futuro fosse più frammentato? Forse non dobbiamo cercare il prossimo Facebook, ma i prossimi Facebook.