Il Bernoccolo #147 🎤 La guerra vista da dentro la bolla
ilbernoccolo.substack.com
Si dice che in ogni guerra la prima vittima sia la verità. Lo sappiamo da sempre, anche da prima che le guerre fossero raccontate con smartphone e riprese dal drone. La propaganda, o psy-ops, è sempre stata un fattore determinante della strategia bellica. Quello che stiamo vedendo - o non vedendo - nelle ultime settimane, però, sembra portare all’estremo questo concetto. Noi stessi, come tanti, abbiamo lodato le qualità di comunicazione del governo ucraino, che ha dimostrato di essere giovane, digitale, capace di sviluppare una content strategy efficace anche durante una guerra. Di contro, abbiamo sorriso della goffaggine della comunicazione russa, che ci sembra datata almeno quanto i suoi tank. Dovremmo fermarci però a riflettere su cosa vediamo e su cosa non vediamo. Non solo, infatti, le versioni delle due parti sono ovviamente incompatibili e contraddittorie, ma nessuno di noi ha una visione chiara di tutto ciò che viene comunicato in un dato momento. In questo momento, noi siamo esposti a molta comunicazione ucraina ma pochi messaggi dalla Russia, che invece - da quello che mostrano ad esempio i dati di Twitter - si sta concentrando su paesi come India, Pakistan e Sudafrica, oltre che sul suo pubblico interno. Il problema delle “bolle”, della realtà su misura, diventa quindi tanto più grave in momenti come questo. Crediamo di essere informati in tempo reale, ma la realtà è che non abbiamo il controllo sulle informazioni che assorbiamo. Al problema delle bolle si somma quello delle “echo chamber”, le camere dell’eco. Il professor Nguyen, del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Philadelphia, fa una distinzione importante tra questi due concetti: nella bolla, le informazioni indesiderate non entrano affatto. Nella camera dell’eco, invece, entrano ma sono distorte e neutralizzate da una narrazione di parte. E anche questo accade, inevitabilmente.
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Si dice che in ogni guerra la prima vittima sia la verità. Lo sappiamo da sempre, anche da prima che le guerre fossero raccontate con smartphone e riprese dal drone. La propaganda, o psy-ops, è sempre stata un fattore determinante della strategia bellica. Quello che stiamo vedendo - o non vedendo - nelle ultime settimane, però, sembra portare all’estremo questo concetto. Noi stessi, come tanti, abbiamo lodato le qualità di comunicazione del governo ucraino, che ha dimostrato di essere giovane, digitale, capace di sviluppare una content strategy efficace anche durante una guerra. Di contro, abbiamo sorriso della goffaggine della comunicazione russa, che ci sembra datata almeno quanto i suoi tank. Dovremmo fermarci però a riflettere su cosa vediamo e su cosa non vediamo. Non solo, infatti, le versioni delle due parti sono ovviamente incompatibili e contraddittorie, ma nessuno di noi ha una visione chiara di tutto ciò che viene comunicato in un dato momento. In questo momento, noi siamo esposti a molta comunicazione ucraina ma pochi messaggi dalla Russia, che invece - da quello che mostrano ad esempio i dati di Twitter - si sta concentrando su paesi come India, Pakistan e Sudafrica, oltre che sul suo pubblico interno. Il problema delle “bolle”, della realtà su misura, diventa quindi tanto più grave in momenti come questo. Crediamo di essere informati in tempo reale, ma la realtà è che non abbiamo il controllo sulle informazioni che assorbiamo. Al problema delle bolle si somma quello delle “echo chamber”, le camere dell’eco. Il professor Nguyen, del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Philadelphia, fa una distinzione importante tra questi due concetti: nella bolla, le informazioni indesiderate non entrano affatto. Nella camera dell’eco, invece, entrano ma sono distorte e neutralizzate da una narrazione di parte. E anche questo accade, inevitabilmente.