Il Bernoccolo #153 🎤 Le generazioni contano ancora nel marketing?
ilbernoccolo.substack.com
L’età - si dice - è solo un numero. Lo ripetiamo ai compleanni, soprattutto al nostro, ma ci crediamo molto meno quando dobbiamo ideare un piano marketing. Allora, le generazioni diventano barriere invalicabili, isole che non comunicano. Per chi lavora in comunicazione, le generazioni sono una vera e propria ossessione. Ricorderete quando, pochi anni fa, ogni articolo di marketing conteneva la parola “millennial”: un po’ quello che accade oggi con la Gen Z. L’idea di fondo è che capire una generazione permetta di conoscerne tutti gli individui, prevedendone i comportamenti. Eppure, i dati ci dicono il contrario. Un’analisi condotta dall’agenzia BBH ha dimostrato che la coesione di gruppo all’interno delle generazioni è di gran lunga più bassa rispetto a quella che si misura in altri gruppi altrettanto astratti, come ad esempio i lettori del Financial Times. Insomma, è più facile inquadrare - per dire - un romanista o un amante del giardinaggio che non un millennial. C’è poi un altro problema. Il marketing è innamorato delle generazioni emergenti, perché sono quelle che fanno più rumore e che più seguono - o fondano - le mode. Trascurando spesso in modo quasi incomprensibile le generazioni più mature che spesso - quantomeno in questo momento storico - hanno gran parte del potere d’acquisto. Nel mondo reale, le generazioni non sono così isolate: dialogano, a volte si scontrano e a volte si amano. Influencer anziani hanno seguiti giovanissimi e viceversa. Nell’ultimo Festival di Sanremo, l’alleanza tra generazioni è stata il tema dominante: Rovazzi e Orietta Berti, Ditonellapiaga e Rettore, Morandi e Jovanotti. Anche nella comunicazione, qualcosa si muove: basta guardare l’ultima campagna di Lacoste, che racconta incontri imprevisti, spesso proprio tra generazioni diverse. Forse è il momento di guardare oltre quelle categorie così confortevoli che ci hanno guidati per tanto tempo e provare a chiederci: chi sono davvero i nostri clienti?
Il Bernoccolo #153 🎤 Le generazioni contano ancora nel marketing?
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Il Bernoccolo #153 🎤 Le generazioni contano ancora nel marketing?
L’età - si dice - è solo un numero. Lo ripetiamo ai compleanni, soprattutto al nostro, ma ci crediamo molto meno quando dobbiamo ideare un piano marketing. Allora, le generazioni diventano barriere invalicabili, isole che non comunicano. Per chi lavora in comunicazione, le generazioni sono una vera e propria ossessione. Ricorderete quando, pochi anni fa, ogni articolo di marketing conteneva la parola “millennial”: un po’ quello che accade oggi con la Gen Z. L’idea di fondo è che capire una generazione permetta di conoscerne tutti gli individui, prevedendone i comportamenti. Eppure, i dati ci dicono il contrario. Un’analisi condotta dall’agenzia BBH ha dimostrato che la coesione di gruppo all’interno delle generazioni è di gran lunga più bassa rispetto a quella che si misura in altri gruppi altrettanto astratti, come ad esempio i lettori del Financial Times. Insomma, è più facile inquadrare - per dire - un romanista o un amante del giardinaggio che non un millennial. C’è poi un altro problema. Il marketing è innamorato delle generazioni emergenti, perché sono quelle che fanno più rumore e che più seguono - o fondano - le mode. Trascurando spesso in modo quasi incomprensibile le generazioni più mature che spesso - quantomeno in questo momento storico - hanno gran parte del potere d’acquisto. Nel mondo reale, le generazioni non sono così isolate: dialogano, a volte si scontrano e a volte si amano. Influencer anziani hanno seguiti giovanissimi e viceversa. Nell’ultimo Festival di Sanremo, l’alleanza tra generazioni è stata il tema dominante: Rovazzi e Orietta Berti, Ditonellapiaga e Rettore, Morandi e Jovanotti. Anche nella comunicazione, qualcosa si muove: basta guardare l’ultima campagna di Lacoste, che racconta incontri imprevisti, spesso proprio tra generazioni diverse. Forse è il momento di guardare oltre quelle categorie così confortevoli che ci hanno guidati per tanto tempo e provare a chiederci: chi sono davvero i nostri clienti?