Un po’ facciamo finta che non sia mai successo, ma ricorderete anche voi il Festival di Sanremo 2021, svoltosi senza pubblico a causa del COVID, con Amadeus e Fiorello soli sul palco come il Papa a San Pietro. Così come quello del 2022, che a causa del COVID dovette rinunciare persino a Beppe Vessicchio. Storia simile per il SuperBowl, anche se con meno restrizioni: nel 2021 il Raymond James Stadium si poté riempire solo per un terzo, mentre nel 2022 i fan poterono partecipare ma con mascherine e con il divieto di mangiare o bere. Figuriamoci, al Super Bowl! Insomma, possiamo dire che se l’anno scorso la serenità nel campo degli eventi era una faticosa messinscena, quest’anno la voglia di normalità ha definitivamente prevalso. Lo vediamo nell’organizzazione ma anche nei numeri: ascolti record per il Festival di Sanremo, ma anche il SuperBowl ha registrato 113 milioni di spettatori, tornando ai livelli pre-COVID. E ce lo dicono anche le scelte creative. A Sanremo l’inossidabile presenza di Amadeus, nuovo Mike Bongiorno, abile interprete dell’uomo medio, capace di unire momenti di provocazione a un impianto tutto sommato molto conservativo. Nel SuperBowl, un dilagare di celebrità ma soprattutto un uso spregiudicato della nostalgia: da Breaking Bad a Grease, fino ai film di Steve Martin. Cosa ci dicono tutti questi indizi? Innanzitutto, che vogliamo tantissimo tornare a partecipare, un trend importante per il mondo degli eventi dal vivo. Finché c’è l’Ariston, il metaverso può attendere. Dall’altro - e questo è forse ancora più importante - che vogliamo ritrovare quello che conosciamo, che la voglia di normalità sovrasta la voglia di novità. Vecchi attori, vecchi cantanti, vecchie serie tv vanno benissimo, ci accolgono dopo tre anni di eccezionalità come un paio di vecchie pantofole incredibilmente comode.