Ho visto navi cargo in fila fuori dal porto di Long Beach… Non è il finale di Blade Runner, ma l’inizio di un’altra storia, altrettanto distopica: la crisi globale della supply chain. Molti di noi non ne hanno ancora sentito gli effetti, ma come un’onda lunga sta per arrivare nella nostra quotidianità . La causa principale è ovviamente la pandemia: porti chiusi, lavoratori in malattia, navi in quarantena hanno messo sotto pressione l’intera catena, sia per quello che riguarda le materie prime che i prodotti finiti. E poi c’è - ovviamente - la Brexit, che oggi svuota gli scaffali dei supermercati inglesi. Le conseguenze sono sempre più visibili: un avvocato di Londra non trova più cravatte in negozio. Il giocattolo che avevate visto per vostro figlio ora costa il 30% in più. Un’azienda agricola riceve il fertilizzante sei mesi troppo tardi. Un produttore di auto non ha abbastanza chip e deve fermare tutto. Non è un caso che Ursula Von Der Leyen, Presidente della Commissione Europea, abbia lanciato il Chips Act per localizzare la produzione di semiconduttori. E in Australia si invitano le persone a effettuare in anticipo il loro shopping natalizio, per non restare a mani vuote. Perché ne parliamo in un podcast che di logistica solitamente non si occupa? Perché la supply chain è il lato invisibile del mondo globalizzato, dell’economia digitale apparentemente frictionless. Dietro i prodotti che arrivano magicamente sul nostro pianerottolo ci sono ancora container sporchi di salsedine e autisti che si svegliano alle due di notte. Dietro le delizie elettroniche del mondo occidentale ci sono catene di fornitura lunghissime, che portano in terre lontane e spesso meno scintillanti. Questo shock rende improvvisamente visibile la realtà materiale del mondo che non abbiamo in alcun modo superato o abolito, ma semplicemente nascosto molto bene. Qualcuno parla già di supply chain locali, mentre Morten Engelstoft, executive del gruppo di trasporto marittimo Maersk - avrete visto questo nome su migliaia di container - dice che c’è solo un modo per uscire dalla crisi. Provare a comprare un po’ di meno.
Il Bernoccolo #128 🎤 Se la supply chain globale si ferma
Il Bernoccolo #128 🎤 Se la supply chain…
Il Bernoccolo #128 🎤 Se la supply chain globale si ferma
Ho visto navi cargo in fila fuori dal porto di Long Beach… Non è il finale di Blade Runner, ma l’inizio di un’altra storia, altrettanto distopica: la crisi globale della supply chain. Molti di noi non ne hanno ancora sentito gli effetti, ma come un’onda lunga sta per arrivare nella nostra quotidianità . La causa principale è ovviamente la pandemia: porti chiusi, lavoratori in malattia, navi in quarantena hanno messo sotto pressione l’intera catena, sia per quello che riguarda le materie prime che i prodotti finiti. E poi c’è - ovviamente - la Brexit, che oggi svuota gli scaffali dei supermercati inglesi. Le conseguenze sono sempre più visibili: un avvocato di Londra non trova più cravatte in negozio. Il giocattolo che avevate visto per vostro figlio ora costa il 30% in più. Un’azienda agricola riceve il fertilizzante sei mesi troppo tardi. Un produttore di auto non ha abbastanza chip e deve fermare tutto. Non è un caso che Ursula Von Der Leyen, Presidente della Commissione Europea, abbia lanciato il Chips Act per localizzare la produzione di semiconduttori. E in Australia si invitano le persone a effettuare in anticipo il loro shopping natalizio, per non restare a mani vuote. Perché ne parliamo in un podcast che di logistica solitamente non si occupa? Perché la supply chain è il lato invisibile del mondo globalizzato, dell’economia digitale apparentemente frictionless. Dietro i prodotti che arrivano magicamente sul nostro pianerottolo ci sono ancora container sporchi di salsedine e autisti che si svegliano alle due di notte. Dietro le delizie elettroniche del mondo occidentale ci sono catene di fornitura lunghissime, che portano in terre lontane e spesso meno scintillanti. Questo shock rende improvvisamente visibile la realtà materiale del mondo che non abbiamo in alcun modo superato o abolito, ma semplicemente nascosto molto bene. Qualcuno parla già di supply chain locali, mentre Morten Engelstoft, executive del gruppo di trasporto marittimo Maersk - avrete visto questo nome su migliaia di container - dice che c’è solo un modo per uscire dalla crisi. Provare a comprare un po’ di meno.